A cura di Emanuele Matteini
[Ultimo aggiornamento: Luglio 2021]
Le infezioni gastrointestinali rappresentano circa il 5-7% di tutte le infezioni rilevate e possono coinvolgere sia pazienti ricoverati in setting di cura ospedalieri, sia pazienti residenti in strutture territoriali per lungodegenti.
Tra i vari microrganismi il Clostridium Difficile è la causa più frequente di diarrea in ambito clinico-assistenziale, con una incidenza in Europa di circa 125.000 casi/anno, ed un impatto economico stimato negli Stati Uniti che supera i 3 miliardi di dollari. [1]
Da un punto di vista epidemiologico sono infezioni gastrointestinali rilevanti anche quelle sostenute da Shigella, Salmonelle, Campylobacter, Escherichia Coli, Norovirus, Adenovirus, Rotavirus, Giardia e Entameba Histolytica.
Il rischio di acquisire una infezione gastroenterica dipende da molteplici fattori quali l'età del paziente (età avanzata o primi anni di vita), lo stato immunologico, lo stato cognitivo e le caratteristiche del microbiota intestinale, ovvero quella condizione di immuno-modulazione garantita dalla popolazione microbica che fisiologicamente colonizza il nostro intestino e che ne garantisce struttura, funzionalità e protezione.
Tra i molteplici interventi il trattamento con antibiotici può causare alterazioni del micro-ambiente intestinale e squilibri del microbiota rappresentando uno di principali fattori predisponenti nell’insorgenza di infezioni gastrointestinali sostenute anche da microrganismi MDR. Le vie di trasmissione più frequenti delle infezioni gastrointestinali sono quella oro-fecale, e per contatto diretto o indiretto con pazienti infetti/colonizzati o superfici contaminate.
Tra le strategie di Infection Control, finalizzate al contenimento della trasmissione delle infezioni gastrointestinali, giocano un ruolo determinate l’igiene delle mani, il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI), l’igiene ambientale, il reprocessing dei dispositivi pluriuso e la gestione/collocazione del paziente colonizzato/infetto in ambito ospedaliero o comunitario. [2]
[1] Simpios. Prevenzione e controllo delle infezioni da Clostridium
difficile. GIIO, vol. 16, n.
1,Gennaio-Marzo 2009
[2] Jane D. Siegel, MD; Emily Rhinehart,
RN MPH CIC; Marguerite Jackson, PhD; Linda Chiarello, RN MS; the Healthcare
Infection Control Practices Advisory Committee 2007, Guideline for Isolation
Precautions: Preventing Transmission of Infectious Agents in Healthcare
Settings Last update: July 2019.
- Slimings C, Riley TV, Antibiotics and healthcare
facility-associated Clostridium difficile infection: systematic review and
metanalysis: 2020 update. J Antimicrob Chemother 2021:dkab091.
- McDonald LC et al. Clinical Practice Guidelines
for Clostridium difficile Infection in Adults and Children: 2017 Update by the
Infectious Diseases Society of America (IDSA) and Society for Healthcare
Epidemiology of America (SHEA). 2018. Clinical Infectious Diseases, cix1085
- CDC. Clostridium difficile Infection (ultimo aggiornamento marzo 2016)
- European Centre for Disease Prevention
and Control. European Surveillance
of Clostridium difficile infections.Surveillance protocol version 2.2. Stockholm:
ECDC; 2015
- Dubberke ER et al. Shea/Idsa
practice recommendation. Strategies to Prevent Clostridium difficile Infections
in Acute Care Hospitals: 2014 Update. Infect Control Hosp Epidemiol.
2014. Vol 35, Issue 6: 628-645.
- Simpios.
Prevenzione e controllo delle infezioni da Clostridium difficile. GIIO, vol. 16, n. 1,Gennaio-Marzo 2009
- Mongardi M.
L’esame nel paziente infetto o in isolamento
da Clostridium, Klebsiella, Legionella. Convegno ANOTE/ANIGEA
2016 (4.05 MB)
- A.J. Forster et al.Influence of antibiotics and
case exposure on
hospital-acquired Clostridium difficile infection independent of illness severity. Journal of Hospital
Infection Volume 95, Issue 4, April 2017, 400-409